domenica 15 aprile 2012

Diritto di sciopero

Se io dico Dennis Lehane, voi che pensate?

La prima cosa sarebbe dire: è lo scrittore di Mystic River (da cui hanno fatto un grande film), di Shutter Island (di cui hanno fatto un meraviglioso film) e di Gone, baby, gone (di cui hanno un film che piace molto almeno a me), tra gli altri libri che scritto.

Questo risponde alla domanda? È uno scrittore da film? Uno di quelli che viene opzionato per fare un film senza nemmeno un attimo di esitazione da parte delle case di produzione?

Non credo. Credo che parliamo di un grande scrittore che al culmine della carriera di scrittore di thriller decide di pubblicare un libro che non niente a che vedere con gli altri fatti prima. Via gli investigatori privati Gennaro e Kenzie, via le trame intricate, via la morbosa ricerca del male come prodotto dell’uomo.

In questo libro, Lehane non descrive l’uomo ma una nazione. L’america degli anni venti, opulenta e miserabile. In cui vivono generazioni d’immigrati irlandesi, italiane, russe, le più vecchie ormai agiate e prospere, le più recenti povere e derelitte. Scende a trovare cosa c’è di sbagliato nelle società prima ancora di cercare il marcio negli elementi.

In questa cornice Lehane parla di tante cose, del razzismo innanzitutto ma più di ogni altra cosa dell’argomento tabù negli States per definizione: Lo sciopero. E così descrive le cause, lo svolgimento e le conclusioni di quello che successe in quel maledetto giorno (the given day) in cui la polizia di Boston scioperò.

Come nei suoi romanzi, non vi è un lieto fine rassicurante. La violenza prospera, i più forti sopravvivono alle spalle dei più inerti, i buoni pagano, i ribelli strisciano a chiedere scusa, i codardi sopravvivono, i coraggiosi spesso no. I colpevoli sono ricordati come eroi, i giusti si assumono colpe non loro.

Ma forse, con un po’ di fortuna, qualcuno riesce a ritornare a casa. Anche se con la consapevolezza che il mondo non è giusto.


Quello era l'anno

AMV