giovedì 27 gennaio 2011

Un racconto da paura.

Ogni famiglia ha le sue storie. A volte sono storie di paura, come questa.

Quando avevo quattordici anni, durante le feste e i pranzi i famiglia, tra un uovo di Pasqua e un albero di Natale, un compleanno e una domenica con le partite alla tv, capitava sempre di sentire parlare di un libro di paura: Phantoms di Dean Koontz. É un libro scritto nel 83.

Era una specie di libro leggendario. Il folklore familiare vuole che fosse stato comprato da mio padre, addirittura in edicola, un Urania di quelli da battaglia, libri da leggere al mare o in metro. Non un libro da cui aspettare sorprese. Invece quel libro ne rivelò, di sorprese. Era una storia da brivido, che terrorizzò mio padre. A sua volta, lui lo passò a mio zio, che – così sempre vuole la leggenda – lo lesse in due giorni: alla tenera età di 30 e passa anni, ad un tratto, mentre leggeva una sera tarda in casa da solo, sentì un rumore e suggestionato dal racconto, chiuse tutto e andò a dormire. Dicendosi che era solo una storia di paura.

Ora, questo è quello che per uno scrittore si chiama serendipity, o tra amici una botta di culo. Se leggete gli altri libri di Koontz, non ne troverete di eccezionali – con l'eccezione forse di là fuori, nel buio, che è un buon libro onesto. Magari ce ne sono di carini, ma non di capolavori. In parte questa mancanza di qualità è dovuta alla pesante “regia” di Koontz nelle sue storie: ogni occasione è buona per cacciare nella trama una pesante, e spesso vetusta, morale religiosa che Koontz mette dentro ad ogni piè sospinto. Un po' come andare a lezione di catechismo. Ma il tutto mischiato a fantasmi, mostri e demoni. Insomma, un catechismo degno della fantasia della famiglia Addams. Da bravo repubblicano, inoltre Koontz non si fa mai mancare un bell'elogio del possesso privato di armi da fuoco, come ultima barriera contro il dilagare della follia urbana.

Può capitare di non essere in accordo con le opinioni di uno scrittore. Se avete letto Starship Troopers di Heinlein potreste non essere in linea con il suo pensiero (vedi altro post), ma nel complesso non si può negare la bellezza del romanzo.

In Phantoms, c'è lo stesso materiale degli altri libri di Koontz essendo il prodotto della stessa mente, ma come in ogni buon romanzo, non è messo al centro della scena ma è ai margini, presente ma non ingombrante. Per cui si può scegliere se rifletterci, essere d'accordo o anche ignorarlo e concentrarsi su altro: la storia ad esempio.

Un buon romanzo, credo, racconta una storia. Punto. La filosofia e il pensiero dell'autore sono i pilastri che sorreggono la storia e che alimentano la fantasia dello scrivente per portare la narrazione da un punto all'altro. Non il contrario. Non è la storia che deve affrontare l'impresa titanica di mantenere vive e prestare gli spunti perché le convinzioni dell'autore sopravvivano e siano portate in trionfo su ogni pagina.

Se vi capitasse di leggere un solo libro di Koontz, spero per voi che sia questo. Perché se vi capita di leggerne altri, potreste anche decidere di non andare oltre.

E poi questo mette paura. Io lo lessi a sedici anni.

E, a più di dieci anni di distanza, ancora a volte ci ripenso.


AMV

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